L’immigrazione è una questione controversa in tutti i paesi di destinazione, per almeno due motivi. In primo luogo, i flussi di lavoratori provenienti da paesi caratterizzati da una diversa combinazione di forza lavoro possono influenzare la ridistribuzione di quest’ultima nei paesi di destinazione; in secondo luogo, nei paesi dell’OCSE, secondo i risultati della National Identity Survey realizzata dall’International Social Survey Programme, la maggioranza della popolazione è preoccupata che gli immigrati aumentino i tassi di criminalità. Da un punto di vista teorico, ci sono diversi motivi che potrebbero spiegare la relazione fra immigrazione e criminalità. Secondo la teoria economica del crimine , questo potrebbe accadere perché immigrati e nativi ricevono diverse opportunità di lavoro, hanno diverse probabilità di essere condannati e diversi costi per la condanna. Al tempo stesso, alcuni autori sottolineano che gli immigrati devono affrontare anche il rischio di espulsione, e questo può essere un potente deterrente per le attività criminali. La direzione generale di questi diversi effetti è spesso difficile da determinare a priori, quindi identificare la relazione tra immigrazione e crimine è in definitiva una questione empirica. Questo sembra essere il caso anche nel contesto italiano. Gli immigrati in Italia guadagnano significativamente meno dei nativi, in parte per il fatto che sono sproporzionatamente giovani e scarsamente qualificati: dal 2000 il 65% degli immigrati era tra i 18 e 39 anni, il 54% era di sesso maschile e l’85% di essi non aveva un’istruzione. Per mostrare in modo pratico la veridicità di queste teorie tre ricercatori italiani hanno raccolto dati sull’immigrazione e sul crimine per tutte le 95 province italiane nel periodo 1990-2003.

La misura dell’attività criminale mostrata nel grafico, è riferita al numero di reati riportati dalla polizia all’autorità giudiziaria sulla popolazione totale della provincia, pubblicati annualmente dall’ ISTAT. I crimini denunciati sono stati associati a reati criminali: crimini violenti, crimini di proprietà (furto) e crimini legati alla droga. La disponibilità di questi ha determinato il periodo di campionamento. Nel 2004, infatti, è stato adottato un nuovo standard nazionale di registrazione del crimine, il che implica una mancanza di comparabilità dei dati prima e dopo quell’anno (ISTAT 2004). In una prima evidenza il grafico ci mostra che nel periodo 1990-2003 c’è stata una tendenza crescente dei permessi di residenza e quindi un aumento dei migranti che però ha lasciato sostanzialmente stabile il numero di reati commessi. Questo tenderebbe a suggerire che non c’è una correlazione molto forte fra criminalità e immigrazione. Gli autori del paper poi, utilizzando un’analisi empirica più sofisticata, giungono alla conclusione che gli immigrati incidano sì sul tasso di criminalità ma solo su quello legato ai furti, i quali però rappresentano una percentuale molto piccola sul totale dei crimini commessi.  In conclusione, i risultati non supportano la percezione diffusa di una relazione causale tra immigrazione e criminalità. Per quello che sappiamo, gli stranieri che risiedono regolarmente in Italia commettono lo stesso tasso di reati degli italiani, anche se con modalità diverse.